The Significance of Slavic-Balkan and Caucasian Traditions in Studying Old Slavic Religion (III) Cover Image

Značaj slovensko-balkanske i kavkaske tradicije u proučavanju stare slovenske religije (III)
The Significance of Slavic-Balkan and Caucasian Traditions in Studying Old Slavic Religion (III)

Author(s): Špiro Kulišić
Subject(s): Cultural history, Customs / Folklore, Ethnohistory, Ancient World, Sociology of Religion, History of Religion
Published by: Akademija Nauka i Umjetnosti Bosne i Hercegovine
Keywords: Balkans; tradition; Slavic religion; beliefs; ancient Slavic society;

Summary/Abstract: Dalle indagini qui fatte risulta chiaro che nella religione popolare degli Slavi balcanici certi fenomeni specifici sono evidenti nella parte orientale della Penisola, cioè nelle regioni dei dialetti arcaici serbi, e poi in Macedonia e in Bulgaria. Nello stesso modo, molti fenomeni essenziali di questa tradizione riflettono una base economico- socìale più arcaica, con. tratti evidenti di culture matriarcali. Qualche elemento analogo ne troviamo anche in certe regioni del Montenegro, e poi presso i Croati della costa adriatica. Del resto, nelle regioni dinariche è spesso dominante una tradizione di altro tipo, nella sua base pure agraria, ma, specialmente nella zona di alte montagne, con tratti più pronunziati di una cultura di allevamento di bestiame. In questa tradizione occidentale si manifestano certi elementi quasi identici con la tradizione caucasica, e talvolta con quella slavo-carpatica. Già in certi riti e in certe credenze, provenienti da una cultura della caccia, si distinguono caratteristiche singolarità della tradizione balcanica orientale. In queste regioni esiste un coerente culto dell' orsa mitica, chiamata nonna o zia, che certi studiosi (Thomson, Tokarev) collegano con la tradizione dei protostorici Pelasgi, e poi col culto di Artemide Brauronia, immaginata come orsa. Anche le cosiddette feste lupine di autunno si festeggiano in tutta questa parte orientale, col lupo mitico zoppo, chiamato kriveljan dai Serbi, e kuculan (kuc — zoppo) dai Bulgari, che evidentemente indica un essere lunare mutilato. Anzi i Bulgari' l’ultimo giorno di queste feste lupine lo chiamano Madonna lupina (Vučja Bogorodica), la quale ci appare come una divinità femminile, e forse anche lunare. Pure certe leggende e alcuni canti popolari, che parlano di un cervo bianco, evidentemente lunare, sono conosciuti solamente presso i Serbi orientali (à Est del fiume »Morava occidentale«) e presso i Macedoni. Il culto del cavallo come essere ctonio era diffuso nei riti popolari dei Serbi orientali, dei Macedoni, Bulgari e Rumeni. La diffusione di questi riti e di simili credenze concorda col territorio degli antichi Traci, come pure il loro significato con quello deH'immagine del cavaliere tracio. Le credenze e i riti rumeni e slavo-balcanici orientali collegati a San Teodoro (sv. Todor, Torodova subota) avviano al Men dei Frigi nell' Asia Minore, e specialmente al dio Sabazio dei Traci. Nei riti con le maschere animali troviamo la hierogamia simbolica, spesso con l'imitazione del coitus, e con Fuso di un phalus artificiale, poi il simbolico sacrifìcio della maschera principale ed infine la sua rianimazione. Anche questi riti sono molto espressivi presso i Macedoni, presso i Serbi orientali e specialmente presso i Bulgari, dove nel rito dei kukeri sono conservati tutti i principali elementi dell’ argomento. Il collegamento di queste scene drammatiche col rito agrario per la raccolta abbondante si manifesta in quelle azioni quando la nonna (baba) effettua la simbolica aratura e seminagione. Nella figura di questa baba balcanica gli studiosi hanno trovato le t racci e di una Cibele, il cui culto era diffuso in tutte le provincie orientali dell’Impero Romano. Presso i Bulgari, i Macedoni e i Serbi orientali, talvolta anche nel Montenegro, i principali riti agrari, alla Vigilia di Natale o a Capo d’anno, primamente venivano effetuati dalle donne (o ragazze), e ciò dimostra che questi riti, per la loro origine, pure appartengono ad una cultura agraria femminile. Con questi riti agrari si collega anche la mitologia lunare, tanto pronunziata presso gli Slavi, come lo ha dimostrato il professore Evel Gasparini. Dalle cosiddette kamene babe fino all’idolo di Svantevit (Svetovid) appare il corno come simbolo permanente di fertilità e come simbolo lunare. La viva tradizione di un dio ctonio-lunare (di tipo Sabazio) presso i Bulgari, i Macedoni e i Serbi orientali contiene i tratti principali che appartengono alla figura del cavaliere tracio, al carattere ed alle funzioni dello Svantevit baltico e al serbo Trojan (Triglav), il che nega la tesi dell'illustre Raffaele Pettazzoni sul carattere solare del cavaliere tracio e dello Svantevit baltico. Questo è confermato dal complesso dei riti agrari, trovati presso tutte le nazioni slave, e specialmente nella Slavia balcanica. Come nel culto dello Svantevit baltico, la base originale di questi riti presentano le credenze nella forza vegetale e fruttuosa deH’ultimo covone, espresse in occasione della sementa e della raccolta. Anche alla Vigilia di Natale o al Capo d’anno, nei riti di magico-sìmbolica aratura e seminagione, talvolta di trebbiatura, con l’uso dell’ultimo covone e del pane natalizio, sono così manifestamente espresse le credenze nella forza fruttuosa dell’ultimo covone e del pane natalizio fatto del suo grano. Il seppellimento o l'affondamento di un fantoccio per provocare la pioggia appartiene alle stesse credenze, perchè anche in questi usi le figure mitiche protosìave erano femminili (Rusalka, Marena, Kostrubinka, Marzana). La connessione dei fantocci coi riti agrari è dimostrata dal fatto che questi fantocci erano costruiti di paglia, e poi, che venivano portati talvolta in orto o sui campi. L'uso caucasico di seppellire il fantoccio Lazar, per combattere la siccità, corrispondente all'uso primaverile bulgaro e serbo orientale di seppellire German, si possono paragonare con l’uso di annaffiare la tomba di un gemello. E la supposta etimologia del nome bulgaro e serbo, dato al fantoccio, come proveniente dal latino frater germanus, è confermata pure dal fatto che le ragazze lo compiangono come fratello germano, e inoltre dalla situazione che questi usi, dal nome di German, sono conosciuti solamente nelle strette regioni balcanico-danubiane. Anche l’asntico calendario degli Slavi meridionali era fondato sull'agricultura e l'allevamento di bestiame, come lo dimostrano i riti popolari finora conservati. Da questi risulta chiaro che i capidanno s'iniziavano in primavera come feriae semcntivae e in autunno con la raccolta e la nuova seminagione. Un altro ciclo, basato sull'allevamento di bestiame, s' iniziava colla festa di San Giorgio (Đurđevdan, il 6 maggio) e finiva in novembre con la festa di San Demetrio (Mitrovdan). Con lo spostamento di questi capidanno anche i molti riti ne vengono eseguiti alla Vigilia di Natale e al Capodanno invernale. I riti col ceppo natalizio dimostrano che presso gli Slavi balcanici esso rappresenta tino spìrito dendrico, vegetale e fertilizzante. Questo risulta evidente dalla sua profonda connessione col grano nel rito agrario-magico natalizio. Però in questi usi appaiono pure certi elementi di origine pastorale, collegati coll'allevamento, specialmente nelle zone montagnose. Il ceppo individuale, particolare per ogni persona maschile (talvolta anche femminile) della casa, concorda col medesimo uso caucasico. E nello stesso modo, nel Montenegro, come pure al Caucaso, nei riti col ceppo la funzione primaria toccava al primo visitatore di Natale (polaženik, polaznik), il quale portava in casa suo ceppo speciale e vi eseguiva la simbolica seminagione. Presso gli Slavi balcanici questo visitatore speciale nelle sue funzioni magico — religiose è profondamente collegato col grano ed il pane rituale, col ceppo natalizio e coll’animale sacrificato (gallina, maiale o, presso gli allevatori, pecora), che, se è gallo o gallina, uccide lui stesso. Thietmar nella sua Cronaca (sec, XI) ci informa che presso gli Slavi dei dintorni di Merseburgo in una notte festiva il pastore visitava ogni casa del suo villaggio (per omnes domos has singulariter), portando con sé un bastone magico col quale si credeva di essere salvaguardati (de eiusdem se tueri custodia stulti autumabant). Il pastore come primo visitatore di Natale era conosciuto anche in Belorussia (gratulanti dove eseguiva una seminagione simbolica con auguri per il bestiame e per la raccolta. Ma la funzione rituale del pastore, al giorno di Natale, era specialmente notoria nella regione dinarica. Questo pastore visitatore per il suo carattere e le essenziali particolarità delle sue funzioni ho potuto identificarlo con l'illirico Silvanus Silvester e Silvanus Messor (così denominato secondo la interpretazione romana), partendo dalle indagini fatte dal noto archeologo croato professore D. Rendić-Miočević. In fine si può concludere che i riti degli Slavi balcanici, elaborati in questo saggio, presentano speciali sintesi balcaniche, con certe differenze essenziali nella tradizione orientale e quella dell’Occidente della Penìsola. Queste differenze e singolarità delle due tradizioni indicano le loro profonde origini, provenendo quanto dalla loro originale base economico-sociale, tanto dalle relazioni degli Slavi balcanici con vari substrati etnico-culturali.

  • Issue Year: 1974
  • Issue No: 12
  • Page Range: 5-57
  • Page Count: 53
  • Language: Bosnian